A rispondere a questo quesito, che moltissime pazienti pongono, è Alberto Vaiarelli, ginecologo responsabile del trattamento di Pma al centro Genera di Roma.
“I fattori che vanno presi in considerazione prima di poter affermare che la fecondazione assistita omologa, cioè con i propri gameti, è una strada troppo impervia per la coppia, sono questi: l’età materna, la riserva ovarica e la potenziale risposta alla stimolazione ormonale, il numero di trattamenti di Ivf intrapresi e precedentemente falliti e anche da quanto la coppia sta provando a ottenere una gravidanza. Oltre naturalmente alla valutazione del fattore maschile. E’ però l’avanzare dell’età della donna a portare con sè un importante danno qualitativo e quantitativo degli ovociti, e rischi clinici più alti. La riserva ovarica è un indicatore importante, ma non possiamo oltrepassare alcuni limiti che la natura ha posto, nemmeno aumentando il dosaggio della stimolazione ormonale. Certo, esistono oggi approcci personalizzati e promettenti, come il DuoStim, la doppia stimolazione in un unico ciclo, ma la presa in carico delle pazienti con oltre 43 anni non può prescindere oggi da un counseling esteso ed approfondito che riguardi questi dati sia clinici che biologici”.