Sono oltre 30 anni che in tutto il mondo si fa ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) per trattare l’infertilità di coppia, ma il fallimento ripetuto di impianto a seguito di vari trasferimenti embrionali (repeated implantation failure, RIF) rimane un argomento estremamente controverso.
Il gruppo di interesse speciale in “impianto e gravidanza precoce” (SIGIEP) della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (ESHRE) ha condotto una survey internazionale per far luce su tutte le possibili definizioni, modalità di indagine e terapie del fallimento ripetuto di impianto applicate su scala globale. L’indagine, a prima firma Danilo Cimadomo, responsabile scientifico del gruppo GeneraLife IVF, è stata pubblicata sulla rivista ‘Human Reproduction‘.
Il RIF riguarda circa il 5-15% delle pazienti che si sottopongono alla Pma in tutto il mondo. Ma non c’è ancora consenso unanime sulla sua definizione e, pertanto, sul suo trattamento. Una situazione che comporta incongruenze nella pratica clinica tali da portare il gruppo di esperti internazionali a voler investigare nel dettaglio l’entità del problema.
Lo studio è stato effettuato tra maggio e giugno 2020 su 735 medici e 300 embriologi, chiamati a rispondere a 43 domande molto dettagliate. Ebbene, la maggioranza degli intervistati definisce come RIF il fallimento di almeno 3 trasferimenti embrionali. Più di due terzi degli intervistati ha affermato di prendere in considerazione, nel tentativo di spiegare il RIF, fattori legati allo stile di vita, quali l’uso di sostanze stupefacenti, il tabagismo e l’indice di massa corporeo (BMI), insieme a fattori cromosomici, ormonali, e immunologici. Ma il più alto consenso ha riguardato le indagini diagnostiche per definire eventuali malformazioni anatomiche e problemi ginecologici come l’idrosalpinge, la sindrome di Asherman, lo spessore dell’endometrio e l’endometriosi, tutte ritenute fondamentali per prevenire il RIF.
Per quanto riguarda invece il trattamento di pazienti con RIF, gli esperti convengono che eventuali accorgimenti debbano essere presi nel periodo pre-concezionale, e quindi preventivamente. Nello specifico, viene considerato importante l’utilizzo di piani nutrizionali per perdere o prendere peso, smettere di fumare, o trattare infiammazioni persistenti dell’endometrio.
Estrema variabilità e disparità di opinioni caratterizza invece il trattamento del RIF durante un trattamento di PMA.
“E’ fondamentale che le società scientifiche trovino un consenso sulla definizione, la diagnosi e il trattamento delle pazienti con RIF – dice Cimadomo – queste coppie, altrimenti, sono altamente esposte al rischio di trattamenti addizionali, economicamente e tempisticamente dispendiosi, oltre che scarsamente validati, e probabilmente non utili a risolvere un problema ancora molto ostico della PMA moderna”.