Prende il via oggi a Copenhagen la 39esima edizione del congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE), il più importante evento scientifico di settore.
I medici e i biologi dei centri Genera sono presenti con presentazioni e discussioni su diversi aspetti della procreazione medicalmente assistita (PMA).
Un focus, ad esempio, è dedicato al test genetico pre-impianto per aneuploidie (PGT-A), l’esame che è stato messo a punto con l’obiettivo di identificare gli embrioni con assetto cromosomico normale, tra quelli prodotti durante un ciclo di PMA.
Questi embrioni sono meno soggetti a rischio di aborto e hanno una maggior chance di risultare in una gravidanza a termine. Ma ha senso eseguire la PGT-A anche se sono stati ottenuti solamente 1-2 embrioni, piuttosto che procedere al trasferimento in utero senza alcuna informazione in più sul loro stato di salute?
La risposta è sì, secondo uno studio scientifico presentato dal gruppo Genera insieme a Juno Genetics come poster al 39esimo congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE) in corso a Copenhagen.
Lo studio ‘PGT-A and euploid transfer is more efficient than untested transfer in patients obtaining 1 or 2 blastocysts: a propensity score matching-based study’ formula la domanda se sia vantaggioso in ogni caso procedere con il test, anche quando sono state ottenute 1 o 2 blastocisti, piuttosto che procedere con il semplice transfer ‘a scatola chiusa’.
“Alcuni centri di Medicina della riproduzione – spiega Cindy Argento, primo autore del lavoro e ginecologa presso il centro Genera Roma – non applicano la PGT-A in presenza di soli 1 o 2 embrioni per dare la possibilità alla paziente di ‘tentare’ comunque il transfer, non essendoci la possibilità, nei fatti, di scegliere l’embrione più promettente. La differenza sta nel modo in cui si utilizza questo test: se concepito solo come un esame per la prioritizzazione degli embrioni da trasferire, daremmo ragione a questi centri. Se, invece, come siamo soliti fare presso il nostro gruppo, la PGT-A viene considerata un test cromosomico a tutti gli effetti, in grado di ridurre il rischio di aborto, minimizzare il rischio di gravidanze cromosomicamente anomale, e ridurre il tempo per concludere il proprio trattamento, a quel punto anche 1-2 blastocisti sono sufficienti per utilizzarla in maniera vantaggiosa”. Infatti è stato dimostrato che la PGT-A ha risparmiato in molte coppie transfer inutili e potenzialmente rischiosi, oltre che mediamente un mese di tempo per concludere con successo il loro trattamento.