Impiego della diagnosi genetica preimpianto, intelligenza artificiale nella PMA e pazienti a bassa prognosi, sono gli argomenti affrontati dal Coordinatore Medico Scientifico del centro Genera Roma Alberto Vaiarelli, dal Responsabile Ricerca e Sviluppo del gruppo Genera Danilo Cimadomo e dalla Ginecologa, Responsabile del trattamento di PMA del centro Genera Napoli, Elisabetta Trabucco, intervenuti al congresso “Debates in IVF” che si è tenuto il 29 settembre a Napoli.
Il Dr. Vaiarelli durante la sua relazione ha parlato dei benefici dell’analisi genetica pre-impianto (PGT-A) per coppie candidate ad IVF con donne con età materna avanzata. L’obiettivo dell’analisi genetica per impianto, ha sottolineato il ginecologo, non è aumentare le probabilità di gravidanza cumulativa per ciclo iniziato, ma migliorare l’efficienza dei trattamenti di PMA in termini di tempo al raggiungimento della gravidanza, evitando di trasferire degli embrioni cromosomicamente non sani e diminuendo così il rischio di aborto. Questa tecnica, però, conclude l’esperto, necessita di un counseling adeguato e di una grande Expertise di tutti gli operatori coinvolti nel processo.
Il Dr. Cimadomo invece, è intervenuto in un dibattito sui pro e i contro dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella PMA, analizzando i contro dell’IA. O meglio l’esperto partendo dal sottolineare che attualmente le evidenze ci sono per quanto riguarda la standardizzazione, la velocizzazione delle procedure, il controllo qualità e la ricerca scientifica sia clinica che di base, da un punto di vista del miglioramento degli esiti clinici e miglioramento della selezione embrionale, invece, ha evidenziato che c’è ancora bisogno di molta validazione pre-clinica e poi clinica. Quindi ha concluso il suo dibattito affermando che l’intelligenza artificiale, come tutti i cambiamenti importanti e rilevanti, non va valutata in tempi brevi ma a medio e lungo termine.
La Dr.ssa Trabucco, infine, nella sua relazione sulle pazienti a bassa prognosi (POR) ha evidenziato che il tasso cumulativo di nati vivi per prelievo ovocitario (CLBR, cumulative live birth rate) che comprende i risultati sia del transfer a fresco sia di tutti i successivi eventuali da congelato, a seguito di una singola stimolazione ovarica è diventata una delle misure più significative del successo dei trattamenti di PMA. È ormai assodato che la CLBR aumenta linearmente con il numero di ovociti recuperati nella singola stimolazione ovarica e che il numero di ovociti recuperati associati alla massima CLBR per prelievo ovocitario è inversamente correlato con l’età materna. La cattiva prognosi della paziente over 35 è conseguente sia al naturale declino della qualità ovocitaria nel tempo, con maggiore incidenza di difetti cromosomici, sia alla più comune risposta subottimale alla stimolazione per il declino della riserva ovarica. Per massimizzare il recupero ovocitario nel più breve periodo, continua la ginecologa, ha dato e continua a dare ottimi risultati nelle pazienti POR, come supportato da diverse pubblicazioni del gruppo Genera, l’impiego del protocollo di stimolazione DuoStim (due stimolazioni ovariche ravvicinate nello stesso ciclo ovarico). Però, conclude l’esperta, l’identificazione e la gestione delle pazienti a bassa prognosi resta ancora una sfida aperta su cui tutti siamo chiamati a confrontarci, per poter fornire alla paziente le migliori opzioni terapeutiche ma soprattutto tutte le informazioni per affrontare con consapevolezza il percorso.