Uno studio scientifico conferma che i bambini nati con donazione di gameti godono di pieno benessere psicologico.
Non esiste alcuna differenza fra il benessere psicologico dei bambini concepiti naturalmente e quelli venuti al mondo grazie alla donazione di gameti. È quanto dimostra, con solidi dati scientifici, un nuovo studio dell’università di Cambridge, che ha seguito un gruppo di oltre 100 famiglie con figli nati attraverso diverse tecniche di Pma oppure senza ricorrere alla scienza, fino al compimento del 20esimo anno di età da parte dei ragazzi.
Una pubblicazione molto importante, che suggerisce anche come raccontare ai bambini le loro origini biologiche in anticipo, prima che inizino la scuola, attorno ai 4 anni di età, sia vantaggioso per le relazioni familiari e una sana accettazione di sé. Si tratta della prima ricerca che esamina gli effetti a lungo termine di diversi tipi di procreazione assistita sulla genitorialità e l’adattamento dei figli, e che indaga sull’effetto psicologico dell’età in cui ai bambini è stato raccontato in che modo sono stati concepiti.
I risultati, pubblicati sulla rivista ‘Developmental Psychology’, suggeriscono che l’assenza di una relazione biologica tra figli e genitori non interferisce con lo sviluppo di connessioni positive tra di loro o con l’adattamento psicologico in età adulta. Risultati che sono coerenti con le precedenti valutazioni effettuate all’età di uno, due, tre, sette, dieci e 14 anni.
La maggior parte dei genitori che avevano rivelato il ricorso alla scienza per concepire il loro bambino, lo ha fatto attorno all’età di 4 anni e ha riportato che il piccolo ha preso bene la notizia. Ciò suggerisce che essere aperti con i bambini sulle loro origini, soprattutto quando sono piccoli, è vantaggioso.
“Questo studio non fa che confermare quello che dicono le ricerche da anni”, commenta Valentina Berruti, psicologa e psicoterapeuta del centro Genera Roma. “Narrare le origini ai bambini nati da PMA, cioè, aiuta questi figli a costruire la propria identità. Una identità che esiste e si fonda su un evento doloroso, quello della diagnosi di infertilità, ma che racconta un viaggio di resilienza che dovrebbe rendere genitori e figli fieri di quella diversità che portano con loro. Purtroppo ancora oggi troppe famiglie hanno il timore di dire ai propri figli che sono nati con queste tecniche. Specialmente i genitori da donazione di gameti hanno paura del giudizio e di come i figli potrebbero essere visti o accolti all’esterno. La narrazione, al contrario, serve per rafforzare l’essenza e le origini dei propri figli. Serve alla costruzione della propria identità”.