È ben noto – spiega Rossella Mazzilli, Endocrinologa, Androloga del centro GeneraLife di Roma – come la capacità riproduttiva della coppia subisca un declino con l’avanzare dell’età.
Il fattore anagrafico risulta particolarmente importante nella partner femminile, per un esaurimento della riserva ovarica e un maggior rischio di anomalie cromosomiche fetali o di aborto. Inoltre, con la menopausa, si ha la totale cessazione della produzione di gameti femminili, a differenza di ciò che accade nell’uomo, dove l’’andropausa’ indica un periodo di tempo più ampio, in cui si assiste a una progressiva riduzione della funzione testicolare, soprattutto in termini di secrezione di testosterone, talvolta a disturbi della funzione sessuale, ma dove nonostante tutto la produzione di spermatozoi continua. Tuttavia, la qualità del liquido seminale tende a peggiorare con il passare degli anni e, sebbene non esista un indicatore preciso per “età paterna avanzata”, occorre tenere in considerazione che dopo i 40 anni si va incontro a una fisiologica riduzione della concentrazione degli spermatozoi, un peggioramento della morfologia e un aumento dello stress ossidativo della frammentazione del DNA nemaspermico. Tutto ciò, potrebbe inficiare il potenziale fecondante della coppia. Sono state avanzate anche ipotesi sull’associazione tra età paterna avanzata ed aumentato rischio di autismo nei nascituri, ma questi risultati sono ancora molto dibattuti. Infine, per quanto riguarda l’outcome delle tecniche di riproduzione assistita, il fattore anagrafico maschile non sembrerebbe avere un impatto consistente. È comunque fondamentale un adeguato counselling nella coppia alla ricerca di una gravidanza, sui potenziali rischi legati all’età paterna avanzata, senza però scoraggiare”.