“È ormai noto che la genetica è alla base di tutti i processi fisiologici: gli studi scientifici degli ultimi anni e le nuove tecnologie hanno permesso di identificare cause di origine genetica correlate ad infertilità, spiega Federica Innocenti biologa e referente del laboratorio di PMA del centro GeneraLife di Roma.
Scopriamo insieme quali sono le varie cause di origine genetica che possono impedire una gravidanza e qual è il metodo più efficace per superarle e ottenere la nascita di un bambino”.
Fattore età
“Uno dei fattori principali che influenza il potenziale riproduttivo di una donna, precisa la biologa, è rappresentato dall’età materna avanzata. In particolare, 35 anni è una soglia idonea a definire una donna di “età materna avanzata”. È ormai noto che il declino della fertilità all’aumentare dell’età materna è dovuto all’aumento delle aneuploidie ovocitarie ed embrionali, che costituiscono la causa principale di fallimenti di impianto, aborti del primo trimestre e anomalie cromosomiche nei nascituri. Tale rischio aumenta all’aumentare dell’età della donna fino al punto che nelle over 43, la percentuale di embrioni con un assetto cromosomico normale (euploide) risulta inferiore al 5%. Il test genetico preimpianto per le aneuploidie (PGT-A) rappresenta un metodo efficace per identificare embrioni euploidi prima del trasferimento in utero, determinando un aumento nella percentuale di natalità per trasferimento ed una riduzione dei tassi di aborto spontaneo per gravidanza clinica”.
Rischio riproduttivo significativo per una specifica patologia genetica
“Alcune coppie invece – continua la Dr.ssa Innocenti – presentano un rischio riproduttivo significativo per una specifica patologia genetica (25-50%), in quanto portatori della mutazione che la causa. Tali coppie possono intraprendere un percorso di PMA e contestualmente ricorrere a test genetici preimpianto per prevenire tale patologia monogenica nella loro prole (PGT-M). Le tecniche di laboratorio sono le stesse della PGT-A, cambia solo l’analisi molecolare effettuata sugli embrioni”.
Coppie portatrici di anomalie strutturali del cariotipo materno o paterno
“Infine, aggiunge l’esperta, alcune coppie possono essere portatrici di anomalie strutturali del cariotipo materno o paterno indipendenti dall’età della donna, quali inversioni, delezioni e duplicazioni, ma soprattutto traslocazioni. In questo caso la tecnica da utilizzare si chiama PGT-SR, che è molto simile alla PGT-A ma con un maggior dettaglio relativo alle regioni cromosomiche coinvolte nell’anomalia strutturale parentale”.
Il consiglio
“Concludendo, la fecondazione in vitro mira a superare le cause dell’infertilità per ottenere la nascita di un bambino. Per massimizzare l’efficienza della fecondazione in vitro, minimizzando i rischi riproduttivi – sottolinea l’esperta – è molto importante identificare e trasferire l’embrione più competente all’interno di una coorte prodotta da una coppia durante un ciclo di IVF. La PGT-A e la PGT-SR consentono di analizzare il corredo cromosomico degli embrioni prima del loro trasferimento in utero, fornendo un importante criterio di valutazione per aumentare le chance di gravidanza per transfer e diminuire il rischio di aborto. La PGT-M, invece, consente a coppie fertili o infertili portatrici di una malattia genetica di accedere ad un test che li informi sullo stato di salute dei loro embrioni prima del trasferimento in utero”.