“Molte coppie che arrivano in prima visita in un centro di fecondazione assistita – racconta Silvia Colamaria, ginecologa responsabile del trattamento di Pma nel centro Genera di Roma – sono spaventate da quello che un trattamento di PMA possa comportare.
In realtà, se certamente da un punto di vista emotivo l’impatto è forte, l’impatto fisico è molto più blando. Le coppie, durante il percorso, possono proseguire la loro vita ordinaria: si può lavorare, si può andare in palestra, al ristorante senza nessun tipo di limitazione”.
“Un tentativo di PMA non è un percorso difficile. Una volta che la coppia ha effettuato gli accertamenti richiesti, è pronta per iniziare il trattamento. Le stimolazioni partono dal secondo, terzo giorno del ciclo, si fanno due/tre monitoraggi e successivamente si effettua il prelievo ovocitario che è l’unica parte chirurgica di tutto il trattamento. Il prelievo si effettua in sala operatoria in sedazione e ha una durata di circa 10 minuti. Successivamente, dopo aver ottenuto gli embrioni che sono stati valutati, si può effettuare il trasferimento ovocitario. Il transfer è una procedura molto agevole, come una visita ginecologica, in cui si introduce un piccolo catetere nell’utero e si posiziona l’embrione all’interno della cavità. La fase successiva, forse è quella più difficile, in cui le coppie e anche i medici hanno fatto tutto quello che era necessario e dopo 11 giorni dal transfer è possibile effettuare il test di gravidanza sul sangue”.